Sofia Vergara, produttrice della serie, ha trovato affascinante la storia dimenticata di una donna analfabeta che si è elevata a boss multimilionario in un mondo dominato dagli uomini, dimostrando ferocia e intelligenza uniche. La narrazione mostra come il potere possa corrompere, accecare la ragione e trasformare una persona in qualcosa di mostruoso.
Nella serie, Sofia Vergara, irriconoscibile per sua scelta, si è sottoposta a un trucco prostetico per distanziarsi dall’immagine che il pubblico conosce di lei e per evitare di creare un’attrazione per la regina del crimine.
Griselda è descritta come un “terribile incidente in autostrada” che attira irresistibilmente l’attenzione. La serie, complessa e cruda, si impegna a mostrare la violenza di questa ascesa al potere criminale e a sottolineare le devastanti conseguenze delle azioni della protagonista. L’obiettivo è di essere onesti sulle terribili conseguenze e non mitizzare il criminale, ma piuttosto far luce sugli impatti dell’impero della droga sulla società. La serie non giustifica le scelte di Griselda, ma evidenzia gli effetti distruttivi del crimine, offrendo uno sguardo realistico e scoraggiante.
Un po di storia
Che il “signore della droga”, il colombiano Pablo Escobar, dovesse vedersela con temibili rivali per il controllo del narcotraffico non ci vuole poi molto a immaginarlo. Ma che uno dei più agguerriti fosse una donna, fa un certo effetto.
Nata nel 1943 a Cartagena, in Colombia, Blanco crebbe in una baraccopoli con un tasso di omicidi così alto che i bambini trascorrevano il tempo scavando buche per i corpi abbandonati per strada. All’età di 11 anni, insieme a un gruppo di amici, rapì un ragazzo di 10 anni figlio di una famiglia ricca. Chiese un riscatto, ma quando divenne chiaro che la famiglia non era disposta a pagare, la giovane boss sparò al malcapitato, commettendo il suo primo atroce crimine di una lunga serie.
A 14 anni, fuggendo dagli abusi del patrigno, iniziò a vivere per strada, emigrando a New York a metà degli anni ’70 con il suo secondo marito, Alberto Bravo. Lì cominciò a trafficare cocaina, costruendo una lista di clienti che includeva stelle di Hollywood e atleti famosi. Quando l’FBI si accorse delle sue attività, si trasferì a Miami, dove gettò le basi del suo impero criminale. Secondo la DEA (l’Amministrazione federale antidroga degli Stati Uniti), la madrina arrivò ad avere fino a 600 persone a libro paga e a guadagnare la notevole somma di 80 milioni di dollari al mese.
La guerra con il Signore della Droga
Nel buio contesto degli anni ’70 a Miami, la città non era solo territorio di caccia per Griselda Blanco ma anche per Pablo Escobar. Presto, i due si scontrarono in una delle più cruente guerre criminali mai viste in America. La brutalità di Blanco le guadagnò il titolo di regina del narcotraffico. Anche se è difficile quantificare con precisione le sue vittime e quelle dei suoi sicari, si stima che il numero oscilli tra 40 e 240. Tra le vittime si trovava il piccolo Johnny Castro, un bambino di due anni, in macchina con suo padre Gesù “Chucho” Castro. Blanco aveva ordinato l’omicidio di Chucho perché aveva “mancato di rispetto” nei confronti di suo figlio.
La Blanco sembrava apprezzare il soprannome di “la madrina”. I riferimenti al film di Francis Ford Coppola sembravano persino lusingarla, tanto che chiamò il suo terzo figlio Michael Corleone. Con questo nome, la madrina sperava di assicurare al piccolo un futuro criminale radioso, ma la sua previsione si rivelò errata: il padre di Michael e i suoi fratelli maggiori furono tutti uccisi prima che lui compisse 16 anni. Poco tempo dopo, la stessa Blanco fu condannata a lunghe pene detentive, lasciando il giovane Michael alle cure della nonna materna e di altri tutori.
LA Vedova Nera
Oltre al soprannome di “la madrina”, Griselda Blanco era nota come la vedova nera (che ispira il titolo della serie TV su di lei). Questo soprannome derivò dall’accusa di aver ucciso tutti e tre i suoi mariti. La storia della criminale Blanco ha catturato l’attenzione non solo per le sue atrocità ma anche per la sua creatività. Secondo il Miami New Times, avrebbe “rivoluzionato il contrabbando creando una linea di biancheria intima con compartimenti segreti per custodire la droga”. Per questo, aprì uno stabilimento di produzione di reggiseni e guaine a Medellin, ideali per il traffico di droga. Non fu la sua unica innovazione: importò negli Stati Uniti l’uso di sicari in motocicletta e, nel 1979, orchestrò il massacro del Dadeland Mall di Miami. Tre sicari armati, a bordo di un furgoncino attrezzato come un “carro da guerra”, uccisero due uomini e ne ferirono un terzo, sparando decine di colpi in pochi minuti. Stragi come queste contribuirono a consolidare la fama di Miami come la città più pericolosa del mondo negli anni ’70.
La Fine
Griselda Blanco fu arrestata nel 1985 e trascorse circa vent’anni dietro le sbarre. Rimpatriata in Colombia nel 2004, pare che in prigione si avvicinò alla religione, diventando una cristiana rinata. Il 3 settembre 2012, mentre si trovava in una macelleria a Medellin con la nuora, un uomo in moto le si avvicinò sparando due colpi, uccidendola con il metodo che, in ironia della sorte, aveva inventato lei stessa.